Cos’è il gioco simbolico?
Il gioco simbolico vero e proprio inizia all’incirca all’età di 3 anni ed evolve dal gioco pre-simbolico. In che cosa consiste il gioco simbolico?
Il simbolo (secondo un’ottica psicoanalitica) rappresentato dall’oggetto, rende possibile l’attenuazione di ansie, frustrazioni, paure e insicurezze che vivono nella dimensione più profonda e inconscia del soggetto.
Attraverso il simbolo il bambino/a esprime e manifesta un aspetto della propria personalità, oppure tenta di risolvere una propria dinamica interiore che genera in lui/lei una sorta di ansia o preoccupazione.
Secondo una prospettiva pedagogica (argomento che più interessa in questo contesto), il gioco simbolico si esprime attraverso la sostituzione del significato o oggetto reale, con un suo significante o oggetto sostitutivo (il simbolo che lo costituisce).
In termini più semplici possiamo descriverlo in questo modo: il bambino che gioca con un bastone e tale bastone si trasforma magicamente in una bacchetta magica, o in un aeroplano, o un mostro marino e così via. La trasfigurazione della realtà avviene spontaneamente e la fantasia inizia a regnare nella mente del piccolo. Grazie all’assegnazione di simboli ad oggetti reali e non reali, il bambino apprende le caratteristiche degli specifici oggetti (il bastone trasformato in aeroplano conduce il bambino a riconoscere le caratteristiche specifiche di un aeroplano) affinando così la sua conoscenza e implementando gli apprendimenti.
Si può insegnare il gioco simbolico ad un bambino?
L’attività ludica simbolica avviene spontaneamente in ciascun fanciullo e di conseguenza nessun adulto potrebbe insegnare ad un bambino come attuare questa modalità di gioco. La dimensione simbolica non può essere insegnata e nemmeno appresa.
I bambini devono poter giocare senza l’intromissione dell’adulto poiché lo “spazio” di gioco di un bambino non sarà mai uguale a quello di un adulto (pur sforzandosi di crearlo).
Molto spesso gli adulti (ignari degli enormi effetti del gioco sui bambini) tendono a limitare l’espressività e la creatività del piccolo. In che modo? Attraverso frasi di questo tipo: “smetti di giocare e vieni a fare le cose serie”, “non è tempo di giocare ora”, “prima il dovere poi il piacere”, “quante volte ti ho detto di non salire sulla sedia”, “io te lo avevo detto, ma tu non hai ascoltato”, “lascia stare quell’oggetto ti fai male”. Potrei continuare a lungo ma decido di terminare la mia lista. Il potenziale che vi è dietro ad un semplice gioco, per noi scontato o banale, è enorme e deve poter essere espresso.
Il simbolismo per certi versi può avvenire in maniera generalizzata, ovvero giocare a mamma e papà, ai guerrieri e alle principesse, ma per altri versi è molto personale ed estremamente complicato da decifrare o comprendere, poiché legato a situazioni personali, intime e irripetibili nella vita di ciascun soggetto.
Per tale motivo uno stesso gioco può essere vissuto e approcciato in maniera completamente differente da più bambini. Per qualcuno potrà essere facile, per altri difficile, per uno potrà essere piacevole per altri spiacevole.
Molto spesso comprendere un gioco può essere molto molto complicato per questo è molto importante l’osservazione accurata e consapevole.
La ripetitività del gioco
i bambini tendono a ripetere azioni volontarie sempre uguali finché non ne assorbono completamente le caratteristiche e le funzionalità.
Il gioco ripetitivo svolge quindi l’importantissima funzione di perfezionare le conoscenze dell’oggetto verso cui è posta l’attenzione (per esempio le le forme, i colori, le modalità d’uso etc). In tal modo i bambini fanno esperienza del mondo circostante e affinano le loro conoscenze sensoriali e percettive divenendo veri e propri esploratori della realtà e attribuendo ad essa significati ed immagini.
L’utilizzo del simbolo permette al bambino di apprendere e interagire con il significato del simbolo e allo stesso tempo gli permette di investire affettivamente su di esso tutte quelle ansie e frustrazioni legati al distacco dalla madre.
Il gioco simbolico evolve e intorno ai 4-5 anni si esprime per mediare l’acquisizione dei ruoli sociali e dei ruoli di genere attraverso il riconoscimento del genere maschile o femminile e l’appartenenza ad un gruppo o all’altro.